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SCUOLA FREUD - ISTITUTO FREUD - UNA SERATA NEVOSA E FREDDA

27 aprile 2022

SCUOLA FREUD – ISTITUTO FREUD

Tecnico Tecnologico – Tecnico Economico – Liceo Economico Sociale

ERA UNA SERATA NEVOSA E FREDDA

A cura di Federico Occhipinti

Era una sera nevosa e fredda: c’erano due gradi, o forse uno, non ricordo. Stavo camminando in una strada desolata, illuminata debolmente da dei piccoli lampioni dalla luce giallastra. Avevo dei sacchetti della spesa su entrambe le mani: quello dove avevo messo tutte le bibite per la serata pesava tantissimo, ma non mi importava, perché ero troppo impegnato a pensare a Martina. Martina era una ragazza più piccola di me di un anno: era bionda e aveva gli occhi chiarissimi; insomma era impossibile non innamorarsi di lei.   Tecnico Economico Turismo

Era così simpatica e così attraente; e così caddi a terra di faccia, con tutte le bibite che rotolarono sulla strada. Mi vergognai, le raccolsi tutte e tornai velocemente a casa. Salutai Mario e andai a mettere tutte le cose in frigorifero. “Oggi ci sarà Martina, sei pronto?”. “Ho comprato tutte le bibite possibili, almeno ho tante possibilità per invitarla a bere” E ridemmo. Andai al piano di sopra per lavarmi e mettermi qualche vestito elegante per la serata ma, mentre salivo le scale, sentii una notifica arrivare sul mio telefono: “Scusa Gio ma oggi non riesco a venire, ci vediamo lunedì in università”. Era Martina. Mi sembrava molto strano che mi avvisasse così: di solito mi chiamava o per lo meno metteva qualche cuoricino o comunque era più dolce. Gio che fai ti blocchi?” Mario mi fece uscire dalla mia paranoia e, avvisandolo della importante assenza della serata, andai in bagno e mi feci una doccia. Non riuscivo a capire perché lei fosse stata così fredda: ero forse troppo invadente? Scienze Umane Economico Sociale

Sì, cavolo, non dovevo invitarla alla festa: devo farle capire che anche senza di lei posso stare. Però non vedevo l’ora di vederla. Per fortuna la pubblicità di Spotify Premium, collegata alla cassa, mi fece tornare alla realtà. Uscii dalla doccia quando una voce disse: “Nonno ma cosa è Spotify. Mio nipote mi interruppe proprio sul più bello: spiegai brevemente cosa fosse Spotify e tornai a raccontare la mia storia. Dunque, stavo dicendo, uscii dalla doccia e chiamai Martina. Lei non mi rispose, provai a chiamarla da Whatsapp ma ebbi lo stesso risultato; allora lasciai perdere. Andai al piano di sotto e cominciai a preparare la casa per la serata. Finalmente arrivarono le 23.00 e i primi compagni universitari cominciarono ad arrivare. In meno di 20 minuti la casa si riempì di musica, alcol. C’era gente che non conoscevo e rischiammo più volte la minaccia di chiamare i carabinieri da parte dei vicini, ma a quelle cose non detti molta importanza. 

Andava tutto per il meglio, finché non uscii di casa per fumarmi una sigaretta. Capii come potessero sentirsi i vicini: la strada era completamente silenziosa, ma il rumore che usciva dalla nostra casa era assordante pure per una persona sorda. Comunque passeggiai giusto una sessantina di metri e poi trovai una macchina, che però mi sembrava molto familiare: è la macchina di Martina! Pensai che magari l’avesse semplicemente prestata a qualche amica. Spensi la sigaretta e tornai in casa. “Hey Giorgia, hai preso te la macchina di Martina?” “Che dici Gio, la macchina di Martina è rotta; penso sia un problema di batteria o forse di motore, Vabbè fatto sta che non va. Perché?” Andai nuovamente fuori, ma la macchina era sparita.  Tecnico Economico Turismo 

Chiamai Martina numerose volte, ma non ebbi mai una risposta. Allora decisi di prendere la mia macchina e di andare sotto casa sua. Arrivato davanti a quella enorme villa, suonai il citofono, ma nessuno aprí. Allora scavalcai e bussai direttamente al portone di casa: era aperto e, appena entrato, vidi l’intera casa in disordine e distrutta. Spaventato andai al piano di sopra e notai subito con orrore due persone morte, sedute sul divano. “Ok Gio hai bevuto un po’, sono le 5 di mattina e sei uno studente universitario che ha appena dato 4 esami di fila: probabilmente sei solo stanco”. Mi avvicinai a quei corpi e, non so con quale coraggio, li toccai: erano veri ed erano i genitori di Martina. Chiamai immediatamente il 112 e, dopo nemmeno dieci minuti, la casa era già piena: Polizia scientifica, ambulanze e Carabinieri, ma anche qualche organo strano di Polizia che non avevo mai visto. Mi interrogarono e poi mi lasciarono andare. Tornai a casa, dove ormai di quella splendida festa era rimasto solo cibo sparso dappertutto. Qualche persona non identificata stava sdraiata sul divano e bottiglie.

di vino. Raccontai cosa avevo appena visto e subito i miei amici cominciarono a fare domande Erano increduli. Mi accompagnarono nella stanza; ero sconvolto. Avevo appena visto due persone morte. Mi venne subito in mente la macchina parcheggiata vicino a casa mia. Corsi immediatamente in quella casa, che era apparentemente abbandonata, e ci entrai. Era tutto pieno di polvere, per non parlare degli immancabili ratti che giravano per il “soggiorno”. Girai la casa fino a quando non sentii uno starnuto:Non può essere uno starnuto Gio: sarà stato sicuramente un rumore del vento. Continuai la mia ricerca, ma subito dopo sentii un altro starnuto. Andai nel punto dal quale sentivo arrivare il verso e vidi esattamente lei: Martina sdraiata per terra, che tremava dal freddo mentre piangeva. Non so come riuscii a mantenere il controllo in quella situazione, ma comunque la abbracciai e la portai immediatamente al Pronto Soccorso. La ricoverarono e rividi, per la terza volta in una singola serata, i carabinieri intenti a sapere come io avessi trovato Martina. Spiegai tutto e poi mi obbligarono ad andarmene. Passarono giorni, forse settimane, prima di avere qualche notizia, fino a quando un bel giorno i carabinieri mi dissero di presentarmi in caserma.Scienze Umane Economico Sociale

Mi spiegarono una cosa inimmaginabile: era stata Martina ad uccidere i suoi genitori, perché la picchiavano: suo padre era alcolizzato. Rimasi incredulo per praticamente un mese, fino a quando un giorno mi decisi di andare al carcere per parlarle. Iniziai a tornarci due volte alla settimana, per un intero anno, anche d’estate. Un giorno feci una promessa: qualunque cosa fosse accaduta, io sarei infine andato a prenderla all’uscita del carcere, una volta scontata la sua pena. Passarono dieci anni. Avevo cominciato ad andarci due volte al mese, fino a quando mi scordai completamente di lei, Ma dopo cinque anni incontrai Francesca, la vostra nonna, e ora sono qui a raccontarvi questa strana ma avvincente storia. “Wow nonno, sei stato davvero coraggioso. Comunque Nonna Francesca è sicuramente meglio” Risi e li accompagnai in sala per bere il tè: erano convinti che la storia che avevo appena raccontato fosse successa davvero. Tecnico Economico Turismo


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