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Come proteggersi dalla "gente dannosa" - Istituto Tecnico Milano Freud

21 agosto 2017

Come proteggersi dalla

"gente dannosa"

Ce n’è almeno uno in ogni compagnia, in ogni famiglia, in ogni squadra. L’importante è saperli riconoscere in tempo per porre in atto le salvaguardie necessarie, o per fuggire a gambe levate. Parliamo dei pipistrelli delle emozioni, uomini e donne che emergono del tutto normali, ma che in realtà sembrano avere un unico scopo nella vita: danneggiare la nostra. La psicologa americana Lillian Glass, esperta di linguaggio del corpo, li ha definiti “gente tossica” e li ha ordinati in dieci categorie, consigliando per ciascuna le contromisure più adatte. Istituto Tecnico Privato Freud Milano

1. IL SOCIOPATICO. È l’individuo velenoso più rischioso, anche perché all’inizio fa una buonissima impressione, dato che vi dice tutto ciò che volete sentire. Privo di timori, incapace di assumersi responsabilità, il sociopatico mente senza indecisioni per raggiungere i suoi scopi: non lo inquietano né i sentimenti né i diritti altrui. E nemmeno il buonsenso, perché è capace di contraddirsi non appena gli fa comodo. Arrogante e pieno di sé, ripete in continuazione la parola “io”, ma il modo migliore per riconoscerlo è fissarlo bene in faccia: non muove un muscolo, non esprime emozioni. Anche perché non ne prova per niente. La miglior difesa? Una fuga immediata. Scuola Tecnico Economico Turismo Freud

2. L’INVIDIOSO. Medita senza interruzione su quello che gli altri hanno e lui no. Nella versione estrema, il suo obiettivo diventa quello di annientare gli invidiati maltrattandoli oralmente e svalutando ogni conquista.  Non riesce proprio a progettare che i successi altrui possano essere il risultato di sacrifici, fatiche e costanza e sparge veleno a piene mani sotto forma di chiacchiericci maligni, mormorii e critiche ingiustificate. Per lui, chi si tiene in forma andando in palestra non è che un narcisista con il cervello vuoto. Chi ha buoni punteggi scolastici è l’incensatore del professore, e così via.

3. L’ARROGANTE PRESUNTUOSO. A questa categoria tossica aderiscono persone superbe vanagloriose e puntigliose, convinte di essere sempre nel giusto e di fare ineluttabilmente le scelte migliori. Hanno sempre la risposta immediata, su qualunque argomento, e arrivano a imparare a memoria una serie di frasi a effetto solo per sguainare al momento giusto e apparire brillanti e migliori degli altri. Accolgono invece le opinioni altrui con tracotanza. La loro frase tipica è: “Ne sei proprio sicuro?”. Sono despoti intellettuali. Soltanto le loro opinioni sono importante e ogni espediente è buono per mantenere viva l’attenzione altrui mentre pontificano. E se sono costretti ad ascoltare fanno smorfie, sospirano, scuotono la testa con falsa discrezione.  Sul lavoro fanno ogni sforzo per convincere gli altri di essere necessari, ma la loro convinzione di essere infallibili li porta a fallire spesso. Incoraggiati nelle loro errate convinzioni, si fanno del male da soli: un buon grado di autostima è positivo e utile per fare carriera, ma oltre un certo livello rende ciechi ai propri errori.

4. IL PETTEGOLO MALIGNO. È un super tossico, qualificato nel creare malcontento nell’ambiente di lavoro. Con le sue indiscrezioni può implicare professionalmente anche i colleghi più abili, e senza averne alcun vantaggio: il maldicente si realizza nel sentirsi ascoltato e la sua massima ambizione è sapere tutto di tutti. Proprio per questo, però, non esita a amplificare ciò che crede di sapere o anche a inventarlo di sana pianta. È abilissimo, infatti, nel insaporire una falsità con un’enorme quantità di dettagli noti, o comunque attendibili, fino a renderla verosimile. L’unica difesa è tenersene lontano e non raccontargli mai nulla: entreremmo nella sua rete di bugie piccole e grandi, mescolate a confidenze che alla fine il pettegolo renderà pubbliche senza alcun rimorso.

5. IL CAPO AUTORITARIO. In una relazione di lavoro, il capo ha ogni diritto di dire ai suoi subordinati che cosa si aspetti da loro, e di giudicare i loro risultati se lo ritiene necessario. In alcuni casi, però, si tramuta in un despota che trae piacere nell’imporre la propria volontà e si sente legittimato a umiliare chi lavora alle sue direttive. È a questo punto che diventa una persona tossica. Gli autoritari mantengono il controllo ispirando timore e sono capaci di trasformare in un insostenibile zavorra quello che agli occhi dei loro sottoposti potrebbe apparire un progetto intrigante e coinvolgente. Spesso questi individui tossici si manifestano all’improvviso, quando finalmente ottengono la voluta dirigenza: fino a un attimo prima la loro tossicità era quasi insospettabile. Nei casi peggiori, odiano quelli che ritengono inferiori e sabotano chi si mette in luce perché non sopportano di essere superati. Arrivano addirittura a infiltrarsi nel tempo libero dei loro impiegati, a insultarli e a minacciarli per rafforzare il proprio dominio.  Lavorare per loro può essere un’autentica calamità. La difesa viene dalla legge che ha ormai riconosciuto il reato di mobbing. Istituto Informatica Milano

6. IL MEDIOCRE. La mollezza e l’immobilismo sono comportamenti molto contagiosi, per cui non sottovalutate questa tipologia d’individui tossici. Se vi convincessero a vedere la vita dal loro punto di vista, potreste anche finire per trascinarvi al lavoro sempre più demotivati in una nube di depressione. Benché in genere facciano danni soprattutto a se stessi, i mediocri possono avvelenare anche i caratteri più aperti e vitali, contagiandoli. La soluzione? Ricordare sempre che la scelta dei nostri compagni di strada dipende solo da noi.

7. IL VITTIMISTA. Sprizza negatività da ogni poro, è convinto che il mondo sia un posto terribile e si crogiola nella propria sfortuna senza fare nulla per cambiare le cose. Il suo livore verso il mondo è così intenso e martellante da contagiare chi lo sta ad ascoltare, ma c’è di peggio: ha una straordinaria abilità nel far sentire gli altri colpevoli della sua difficile situazione.

8. L’AGGRESSIVO VERBALE. La sua violenza psichica crea danni non inferiori ai maltrattamenti fisici. Sardonici, offensivi, intimidatori, gli aggressivi verbali hanno come primo scopo, in una discussione, quello di far sentire l’interlocutore inadeguato, debole, incapace. Perfino il loro colorito rossastro appare bellicoso, così come il tono di voce sempre reboante. Tentare di ragionare con loro è tempo perso: anche se un giorno lodasse la vostra arguzia, il giorno dopo – proprio quando vi sentite più tranquilli – potrebbero lanciarvi la frecciata più feroce. 

9. L’UMILIATORE. È tra le categorie tossiche più odiose: l’umiliatore gode nello sminuire le sue vittime, destabilizzandole emotivamente. Si finge amico, sostiene di volervi aiutare, in realtà raccoglie informazioni sui vostri difetti per potervi mettere in cattiva luce agli occhi altrui. Indossa costantemente una maschera e mostra la sua vera faccia solo quando raggiunge una posizione di netto vantaggio su di voi. A questo punto potrà anche arrivare all’insulto esplicito. Un tossico di questo calibro va tenuto d’occhio con attenzione, anche perché le continue frecciate possono creare un senso d’inferiorità che vi metterebbe ancor di più nelle mani dell’umiliatore: se riesce a condizionare la vostra vita con le sue prese di posizione, potreste perfino arrivare a convincervi che lo fa a vostro vantaggio. 

10. IL NEVROTICO. Molti individui tossici potrebbero essere definiti “cattivi”. Non i nevrotici, che danneggiano simultaneamente gli altri e, se stessi, senza alcun motivo. Si pongono di continuo obiettivi irraggiungibili e se vi siete associati con loro, pretenderanno altrettanto da voi. Il loro perfezionismo sfocia spesso nella mania di controllare tutto ciò che li circonda, persone comprese, ricorrendo di continuo al ricatto degli affetti. Già, perché i nevrotici non sono cattivi, anzi: vorrebbero piacere a tutti in modo quasi infantile. Fantasiosi e autonomi, non ascoltano i consigli altrui ma sono velocissimi a elargire il loro aiuto, che deve seguire però le loro regole. I peggiori tra loro sono i super tossici castratori, quelli che ti aiutano soltanto per pronunciare la fatidica frase: “Con tutto quello che ho fatto per te, è così che mi ripaghi?”.


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