SCUOLA SUPERIORE PRIVATA PARITARIA
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IT

SCUOLA FREUD - ISTITUTO FREUD - CARO DIARIO ROSA

27 aprile 2022

SCUOLA FREUD – ISTITUTO FREUD

Tecnico Tecnologico – Tecnico Economico – Liceo Economico Sociale

CARO DIARIO ROSA

A cura di Zeynep Sumer

Caro diario, mi chiamo Abed Elsayed, ho 51 anni e sono qui per raccontare la mia storia. È il 1978. Ho otto anni e vivo in un piccolo paesino di campagna in Egitto di nome Kafr Saad. Ero un bambino molto sicuro di sé, che amava il calcio e aveva una sorella di 11 anni, di nome Nozha, e due fratellini più piccoli, uno di cinque anni, di nome Ragab, e uno di tre anni, di nome Magad. Mio padre era un agricoltore, lavorava molto e cercava sempre di non farci mancare nulla. Per questo io l’ho sempre ammirato. Infatti, all’età di 8 anni, gli chiesi se potessi andare a lavorare con lui e così feci. Durante le vacanze estive nel weekend, andavo a lavorare nei campi con mio padre, dalle 6 del mattino fino alle 9 di sera. Avevo molti amici, giocavo nella squadra di calcio della scuola. Alle medie ho cominciato a giocare a ping pong e sono diventato il migliore. Ero anche molto bravo a scuola: avevo una media molto alta, poiché mi impegnavo sempre al massimo. Però nella mia famiglia accadde una disgrazia… Quando avevo 13 anni era nata mia sorella Hanan ed eravamo felicissimi, ma all’età di 3 anni un medico le diede un farmaco sbagliato, che la portò ad avere delle disabilità molto gravi. Hanan diventò sorda e non riuscì a camminare per molto tempo.  

Sei anni dopo, ci fu una seconda,  erribile disgrazia: pochi mesi dopo la nascita di un’altra sorella, Iman, mio padre morì di cancro. Fu un colpo al cuore. Non sapevo più cosa fare, avevo solo 19 anni ed ero arrabbiato. Come aveva potuto? Come non dirmi che gli avevano diagnosticato un tumore? Come aveva potuto lasciarmi solo con mia madre e 5 fratelli piccoli da crescere? Dovevo darmi da fare: non potevo lasciare tutto questo in mano a mia madre. Così cominciai a lavorare e a prendere il posto di mio padre, letteralmente, tanto che mia sorella più piccola iniziò a chiamarmi papà, poiché non l’aveva mai conosciuto e iniziò a vedermi come tale. Però eravamo troppi: non riuscivo a fare quello che faceva mio padre, anche perché con la nascita di Iman c’era una bocca in più da sfamare. Tra l’altro, oltre a lavorare, studiavo, volevo diventare un ingegnere, ma non c’era più tempo. La nostra casa stava andando a pezzi, il tetto non reggeva più, l’acqua scendeva giù, d’inverno faceva molto freddo e d’estate si moriva dal caldo.

Decisi che dovevo fare immediatamente qualcosa, non potevo aspettare ancora un anno per finire l’università. Quindi vendetti il nostro terreno e la nostra mucca per poter partire e trovarmi un lavoro con il quale avrei potuto sfamare la mia famiglia. Sapevo che era molto rischioso, poiché lasciai la mia famiglia senza cibo e con pochi soldi; però, comunque, io ero molto determinato e sapevo che ce l’avrei fatta. Presi il primo volo per Barcellona. Rimasi a bocca aperta: non avevo mai visto delle case così belle, tanti ristornati, così tante persone… in poche parole me ne innamorai.  

Ma la mia meta era l’Italia; quindi, tristemente ma in modo determinato, partii. Il problema è che non avevo il visto; quindi, in macchina con degli amici, oltrepassammo il confine e arrivammo in Francia, a Marsiglia. Dopodiché, con un treno arrivai fino a Nizza e, prima di scendere, strappai il mio passaporto e tutte le etichette dei vestiti sulla quale ci fosse scritto “made in Egypt” per non far scoprire da che paese venissi. Durante l’attesa del treno Francia-Italia però mi chiesero i documenti ma z quel punto io non avevo nessun documento con me. Così mi portarono in una stanza, in attesa della polizia. Ero seduto su una sedia e vidi che la porta per uscire dalla stanza era aperta. In quel momento non sapevo cosa fare: non potevo tornare in Egitto, senza neanche un soldo. Cosa avrebbe pensato di me la mia famiglia? Così scappai. Corsi più veloce che potessi, non avevo mai corso tanto velocemente in vita mia. Mi trovai davanti al treno che stava per partire e salii al pelo, proprio quando le porte si stavano per chiudere. Penso che se fossi arrivato anche solo 5 secondi dopo, ora non sarei qui a raccontare questa storia. 

Poi riuscii a trovare un treno per l’Italia e finalmente raggiunsi la mia destinazione, nella quale trovai un lavoro. Ero un addetto alle pulizie: lavoravo 18 ore al giorno e, per i primi anni, non avevo una casa: infatti, dormivo da mio cugino (pure lui in Italia), con altre due persone. Sei anni dopo, smisi di lavorare come operaio. Mi ero stancato molto, letteralmente mi ero spaccato la schiena e, in 6 anni, non mi ero mai concesso del tempo per me. Ma ne era valsa la pena, poiché riuscii a mandare dei soldi alla mia famiglia e raggiunsi il mio obiettivo, cioè quello di creare qualcosa tutto mio: aprire un’azienda. Aprii un’impresa di pulizie e, con i soldi ottenuti, riuscii a far avere ai miei fratelli il matrimonio e la casa dei loro sogni. Ristrutturai la casa di mia madre, che divenne una casa a 4 piani. Dopo aver pensato a tutta la mia famiglia, finalmente ho potuto concedermi del tempo e iniziai ad uscire con gli amici e conoscere gente nuova. Un giorno, a casa di amici, conobbi una ragazza: mi attirò subito: era bellissima.

Scoprii che era egiziana ed abitava nel mio stesso paese in Egitto! Non credo fosse stata una coincidenza. Io credo nel destino e, secondo me, quello è stato destino. Ci siamo conosciuti e innamorati. Un po’ di tempo dopo le chiesi di sposarmi. Lei accettò e, ad agosto del 2002, si celebrarono le nozze: da lì la mia vita cambiò radicalmente. Continuai a lavorare ancora di più, poiché sapevo che quella donna sarebbe stato l’amore della mia vita e che avrei avuto dei figli con lei. Con il mio duro lavoro aprii il mio primo ufficio e ottenni molti dipendenti. Nel 2003 avemmo il nostro primo figlio, che mi fece vedere la vita con occhi completamente diversi. Ora è il 2022: ho tre figli, una splendida casa, una bellissima moglie e un fantastico lavoro. Possiedo un’azienda di pulizie, due uffici miei e più di 200 dipendenti. Mia madre vive in una casa enorme, con mia sorella Hanan. Tutti i miei fratelli si sono sposati e hanno degli splendidi figli. Tutto ciò lo devo a mio padre, che mi ha insegnato a lavorare e ad essere determinato, a mia madre che mi è sempre stata vicina e ha sempre cercato di non farmi mancare nulla, ma soprattutto a Dio. Mi è sempre stato accanto dall’inizio alla fine. Penso che sia grazie a Lui se ora sono qui, poiché io non ho mai smesso di credere in Lui come Lui non ha mai smesso di crede in me. 

Tuo Abed 

 

 


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