9 marzo 2016
Il 5 marzo del 1953 i Paesi dell'ex Unione Sovietica furono raggiunti dalla notizia della morte di Stalin, del loro “padre”, come lo stesso dittatore sovietico amava presentarsi attraverso la fiorente propaganda del regime. La propaganda, però, è solo un modo di costruire a tavolino una verità che vera non è.
L'enorme macchina burocratica creata da Stalin e da lui curata nei suoi complessi ingranaggi poggiava, sostanzialmente, sul confezionamento ad hoc di messaggi al popolo, realizzati per convincere ogni angolo dell'URSS che il regime stalinista fosse un paradiso terrestre, dove ognuno aveva la sua giusta collocazione, dove la dimensione umana di ciascuno veniva salvaguardata e protetta.
Capo infallibile. Fautore del progresso. Garante di una società giusta. Maestro del comunis mo. Padre della nazione, appunto. Ma che cosa si nascondeva dietro questi slogan?
Il sistema repressivo di cui Stalin si servì per eliminare sistematicamente i suoi oppositori fu cruento. E quanto a fondo colpì, ancora, non è possibile stabilirlo, giacché la caduta del mondo sovietico ha seppellito sotto le proprie macerie molti dati e molte verità.
Tra il 1936 e il 1938 le “grandi purghe” volute da Stalin significarono, per centinaia di migliaia di persone, la morte. Le prime vittime furono esponenti del Partito comunista e ufficiali dell'Armata Rossa: impossibile contraddire, vietato tentare di insediare il primato di Stalin.
In seguito, ad assaggiare le “carezze” del Padre della nazione, furono semplici cittadini. Le delazioni anonime si moltiplicarono: semplici sospetti, rivalità personali, accuse spesso infondate poterono determinare arresto e morte di presunti nemici del comunismo stalinista.
I gulag “accoglievano” i prigionieri politici. Che cosa significa “gulag”? Letteralmente, “amministrazione generale dei campi di lavoro collettivi”. Concretamente: fame, miseria, violenza, morte. I primi furono aperti nel 1931. Ma fu solo in conseguenza dello scatenarsi delle grandi purghe che la loro diffusione e la loro azione diventarono sistematiche.
Nel 1937, nei gulag, vi si trovava più di un milione di detenuti.
La loro funzione non restava limitata a “ospitare” gli oppositori politici. Si trattava, soprattutto, di sfruttare il loro lavoro. Ossia, il lavoro di povera gente che viveva in condizioni estreme. Il trattamento loro riservato era molto duro. Le condizioni ambientali dei luoghi dove questi campi sorgevano (per lo più in Siberia) erano al limite della sopravvivenza. Soprattutto per chi lavora tutto il giorno, mangiava appena, e si trovava in condizioni igienico-sanitarie pessime.
Ufficialmente, il gulag perseguiva la rieducazione del cittadino “deviante” attraverso l'esercizio del lavoro, ossia la ricchezza del proletariato. Nei fatti, mettere piede nel gulag significava trovarvi la morte: per stenti, per malattia, per violenza.
A partire dalla morte di Stalin, si procedette – all'interno dell'ottica della destalinizzazione – allo smantellamento progressivo dei gulag. E l'Occidente venne a conoscenza di qualcosa che, nella sostanza, non era diverso da ciò che la Germania nazista aveva mostrato sotto il nome di Lagern.
Prof.ssa Daniela Ferro
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