20 ottobre 2016
“caro diario …” spesso questo è un inizio, pagine e quaderni sono il luogo privato in cui scrivere di se stessi, dei propri dubbi, ma anche delle proprie gioie. È curioso, rileggere quelli dell’adolescenza, ci si può ritrovare la stessa persona poi adulta sicuramente formulati con minore consapevolezza, ma forse le aspirazioni e i bisogni stavano già tutte lì.
La parola “chiave” è proprio consapevolezza. Oggi scrivo meno in un diario privato. Forse perché molti bisogni nel frattempo hanno trovato un loro spazio nella mia vita. Recupero un vecchio taccuino solo quando mi trovo di fronte a dubbi. Scuola Privata Milano
Scrivere mi aiuta a fare ordine.
Il diario insomma, che in genere è visto come spazio privato, come luogo d’intimità, in ambienti professionali diventa uno degli strumenti per tenere sotto controllo il proprio lavoro, ma anche per riconoscere i punti deboli.
Taluni direttori di personale auspicano la costanza nel appuntare in un diario il lavoro svolto e di farlo ogni venerdì. Lo scopo, si dice in questo post, è registrare le cose fatte e utilizzarle quando si parla con i capi o si chiede una promozione, ma anche per sentirsi meglio. Si guarda la lista e si dice: “Ammazza quante cose ho fatto questa settimana!”.
Un diario di lavoro, però, non andrebbe considerato solo in funzione di una prova provata delle cose fatte, ma ,soprattutto un’occasione di analisi del lavoro svolto e un misuratore delle emozioni. Scuola Tecnica Informatica
È importante riuscire a vedersi dall’esterno. Ciò aiuta a migliorare, a vivere i problemi con minore sofferenza, a scorgere le proprie fragilità, a distanziarsi per un attimo e uscire dal bicchiere d’acqua in cui ci si potrebbe perdere. “Quando ripensiamo a ciò che abbiamo vissuto, creiamo un altro da noi. Lo vediamo agire, sbagliare, amare, soffrire, godere, mentire, ammalarsi e gioire: ci sdoppiamo, ci bilochiamo, ci moltiplichiamo. Assistiamo allo spettacolo della nostra vita come spettatori: talora indulgenti, talaltra severi e carichi di sensi di colpa, oppure, sazi di quel poco che abbiamo cercato di vivere fino in fondo.”
Ovviamente, una vostra obiezione ragionevole può essere che la giornata è già fin troppo piena e se bisogna mettersi pure a psicoanalizzarsi non si finisce più …
Provarci comunque. I benefici sono davvero imprevedibili. Istituto Tecnico Turismo
Io per esempio uso, a tempi alterni, due doversi modelli.
Metodo tradizionale: la tabella
Ho creato una tabella Excel che compilo, soprattutto quando sono in fase calda pre-evento. Mi serve per l’anno successivo e mi serve dopo l’evento per capire in quale fase ho svolto certi compiti. Mi aiuta però anche a capire cosa non va. Molti potrebbero dire che è inutile che io insista, tanto anche solo per questa tabella il tempo non c’è. Il punto è: io uso un mio linguaggio (il diario è mio) con parole chiave, sintesi, abbreviazioni che danno un valore a ciò che scrivo. Ci metto pochi secondi. L’ultima colonna può avere anche solo un: “coord. perf.” (che sta per coordinamento perfetto) o “stress a mille, inceppamenti procedure, cambiare sistema prox anno”. Quanto ci si mette a scrivere questo? Non ci si mette di più a rodersi il fegato perché le cose non vanno? Scrivetelo e vi liberate del negativo!
Ma soprattutto: questo È lavoro. È il canovaccio fondamentale su cui lavorare per migliorare se stessi e la gestione del proprio mestiere.
Non conta dove, importa farlo!
Il diario è una pratica privata, anche se è un diario da lavoro. Il mio consiglio non è tanto quanto tenerlo (un quaderno, computer, tabella, applicazioni …) quanto il fatto di abituarsi a tenerlo.
In fondo è come liberarsi di qualcosa. Fare ordine. Mollare zavorra. E come diceva Mastroianni (in un’intervista): un attore deve fare attenzione a non confondersi con il personaggio, e dovrebbe osservarsi sempre con un occhio esterno.
Spostando questo suo consiglio in un ufficio, potrei dire: un essere umano deve fare attenzione a non confondersi con il ruolo professionale. Il diario è l’occhio esterno che ci aiuta a rimanere noi stessi e crescere, sia in quanto umani, sia in quanto “personaggi” nel teatro del lavoro.