14 febbraio 2023
Donne e uomini:
uguaglianza e disuguaglianza
La condizione della donna rispetto a quella dell’uomo è passata attraverso numerosi passaggi nel corso del tempo a seconda dell’evoluzione sociale di un popolo, della diversità dei fattori geografici, storici e religiosi. Ma su un piano generale la donna in tutti i paesi e in tutti i tempi è sempre stata sottoposta a un trattamento diverso rispetto a quello riservato agli uomini. L’inferiorità della donna sul piano economico ma soprattutto civile è mutata nel corso del tempo e la sua esclusione da una serie di diritti e attività è motivata da ragioni prive di fondamento quali l’inferiorità fisica o il ruolo predestinato di madre e domestica. Nonostante una forte azione femminista contro la loro discriminazione le donne, ancora oggi, non hanno sempre pari diritti degli uomini. Questo lo si può riscontrare in molti campi. Oggi si è certamente raggiunta la percentuale più alta di “donne in carriera” ma il numero delle lavoratrici è notevolmente minore a quello dei lavoratori. Questo probabilmente perché la società in cui viviamo e tutto ciò che ruota attorno ad essa condizionano in maniera eccessiva le nostre scelte. Infatti è la figura della donna lavoratrice è comparsa solo pochi decenni fa, indipendente sia dal punto di vista economico che sociale. Sta di fatto che fino a poco tempo fa eravamo abituati a vedere la donna solamente come la donna di casa, era inconcepibile poter pensare ad una donna finanziariamente indipendente in grado di mantenere la famiglia.
Nella società moderna vi è anche una netta divisione di responsabilità tra uomo e donna all’interno della famiglia. Sulla maggior parte degli uomini grava la responsabilità di mantenere economicamente la famiglia e spesso ad egli spetta di prendere le più importanti decisioni in campo principalmente finanziario. Viceversa in questo tipo di famiglie le donne si occupano delle faccende domestiche, cucinano, crescono i figli ecc. La soluzione a questo problema, in modo da permetter una maggiore libertà ad entrambi, sarebbe una più equilibrata divisione delle responsabilità e ciò gioverebbe anche alla situazione famigliare. La donna ha da sempre avuto il compito della procreazione. Nonostante ciò questo non è mai stato riconosciuto tale in una società che non le aiuta in nessun modo specialmente dal punto di vista economico. Spesso lo Stato non si preoccupa abbastanza di questa situazione. Infatti dovrebbe cercare di andare incontro alle madri concedendo un periodo maggiore di astensione dal lavoro. O concederne uno maggiore anche ai padri.
Anche dal punto di vista lavorativo a volte, in alcuni campi, gli uomini sono avvantaggiati. La tradizione culturale e sociale ha fatto sì che gli uomini siano privilegiati in certi lavori più che le donne solo perché ad esse non è mai stato permesso di svolgere un certo tipo di attività. Fortunatamente queste credenze oggi si stanno lentamente perdendo e la donna sta riacquistando tutti i propri diritti. Chiaramente in una società come la nostra è inaccettabile che persista una situazione del genere. È assurdo pensare alla superiorità di un essere rispetto ad un altro. Le principali cause della disuguaglianza tra uomo e donna sono principalmente da ricercare nel passato in cui l’insieme dei caratteri civili, culturali e religiosi di un popolo hanno portato alla creazione di ideali non sempre basati sui principi di equità.
La storia dell’umanità è infatti sempre stata un susseguirsi di torti da parte degli uomini verso il mondo femminile. Ma anche in Italia il processo che ha portato alla vittoria delle donne contro la discriminazione con l’affermazione concreta della loro parità con il sesso maschile in ogni ambito della vita sociale, economico, culturale e politico è stato lungo e difficile. Partendo dagli inizi del Novecento la donna ha gradualmente ottenuto potere: partendo dall’acquisizione degli stessi diritti ereditari dell’uomo è arrivata alla parità in campo lavorativo, con la possibilità di esercitare qualsiasi professione e di coprire impieghi pubblici. Ma secondo me la storia dell’emancipazione femminile dovrà aspettare ancora un po’ di tempo prima di potersi riconoscere come definitivamente affermata, anche se oggi la libertà femminile ha raggiunto il culmine storico e le donne hanno assunto un proprio ruolo e la propria identità. Credo che l’acquisizione di poteri e responsabilità da parte delle donne e il miglioramento delle condizioni sociali, economiche e politiche sia essenziale per il raggiungimento di un governo veramente democratico, per favorire lo sviluppo in tutti i campi della vita. Gli ostacoli di ordine culturale, ma anche politico ed economico che impediscono alle donne di realizzarsi al pari degli uomini debbono essere rimossi se vogliamo che la società si evolva in ogni ambito della vita pubblica e privata.
Raggiungere l’obiettivo di una uguale partecipazione delle donne e degli uomini ai processi decisionali consentirà, di creare un equilibrio fra i due sessi e la crescita di uomini e donne liberi e consapevoli dei propri diritti/doveri come presupposto fondamentale per vivere in una società democratica e libera da pregiudizi. Senza u’a attiva partecipazione delle donne e la loro integrazione in ogni decisione io non credo che si raggiunga alcun obiettivo.
Differenza tra uguaglianza ed equità
Partiamo dall’inizio. Essere uguali significa avere gli stessi diritti di vivere, di essere rispettati, di sentirsi liberi, di esprimere il proprio pensiero, di cercare il proprio modo di sentirsi realizzati. Così recita l’articolo 1 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, firmata nel 1948, a tre anni dalla fine della seconda guerra mondiale: “Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti.” Ma se questo è l’inizio, se queste sono le basi, dobbiamo fare un passo avanti. Cosa non significa uguaglianza? Non significa omologazione, non significa assenza di differenze. A questo proposito il concetto di uguaglianza in molti contesti lascia il passo al concetto di equità, che mira a garantire a tutti le stesse opportunità tenendo conto delle particolarità e delle differenze. Uguaglianza ed equità, infatti, non sono concetti sinonimi: il primo si focalizza sul punto di partenza, ovverosia diritti e doveri, il secondo approda ad un potenziale punto di arrivo considerando le opportunità offerte dal valorizzare le differenze
Nella vita, nel lavoro, nella cultura, nelle passioni, nel modo di essere è proprio la diversità ad apparire come un valore fondamentale, come un fattore di arricchimento che abbiamo imparato a riconoscere nel tempo. Usando un paradosso le diversità di pensiero, di attitudini, di capacità, di caratteristiche personali, di gusti e addirittura di predisposizioni intellettive divengono la più evidente dimostrazione dell’essere tutti persone. Sono il segno che l’uguaglianza degli esseri umani vive nella libera espressione della loro differenza.
Una diversità che in molte parti del mondo (non in tutte, purtroppo, ed è bene ricordarlo) diamo per scontata. Una diversità che la nostra società quasi sempre accoglie. Quasi, perché il percorso di inclusione non può ancora dirsi completo. Oggi sempre di più esistono eventi che cercano di spingerci a non dimenticare che essere diversi è un valore, che senza diversità saremmo immobili. Proviamo per un momento a riflettere sulla nostra quotidianità, proviamo a pensare agli affetti che ci circondano, agli amici con cui coltiviamo passioni, ai professionisti che incontriamo nel mondo del lavoro, ai vicini di casa o alle persone con cui in qualche modo condividiamo una fase del nostro percorso, personale o professionale. Quanti, tra questi uomini e donne che incontriamo ogni giorno, avrebbero pagato il loro modo di essere liberamente se stessi se non avessimo superato l’oppressione della diversità dei secoli scorsi? E soprattutto quanto potrebbe essere “unidirezionale e chiuso” l’universo sociale a tutti noi noto se non fossimo riusciti ad accettare e accogliere le differenze che l’essere umano, in quanto tale, porta con sé?
Perché, osservando la questione in maniera più completa, condannare ogni forma di discriminazione e tutelare la libertà dei “diversi” non è solo un dovere, ma un nostro personale diritto. E non ci si riferisce tanto alla visione empatica del “ciascuno di noi è diverso”, quanto alla possibilità di crescere, di evolverci e di imparare dall’altro che in una società composta da persone tra loro omologate ci verrebbe inevitabilmente e irrimediabilmente sottratta.
È vero, uscire dalla propria zona di comfort, accettare il confronto con chi la pensa in modo differente da noi, includerlo e renderlo parte della nostra vita, non è sempre facile, anzi alle volte costa proprio fatica. L’essere umano non è sempre abituato a mettersi in discussione. Spesso è convinto che le proprie abitudini siano le migliori, e considera “normali” le usanze più diffuse tra le persone che frequenta e che è abituato a vedere; al contrario considera “stranezze” o addirittura “follie” le tradizioni più lontane dalle proprie.
Osservare qualcosa al quale non siamo abituati ci porta spesso, almeno in un primo momento, a prenderne le distanze; per questa ragione se ci fermassimo al primo impatto potremmo allontanarci “quasi spaventati” da religioni diverse da quella in cui crediamo, da orientamenti sessuali differenti dai nostri, dal semplice fatto di essere uomini o donne e addirittura da differenze fisiche o psicologiche più o meno evidenti.
La realtà invece sembra dimostrarci il contrario. Sempre di più le differenze vengono apprezzate in tutti i contesti come un punto di forza. All’interno dei consigli di amministrazione delle aziende maggiormente all’avanguardia, il confronto fra diverse etnie, diversi generi e diversi orientamenti di pensiero sono ormai considerati un vero punto di forza. Per fare un esempio, considerando la diversità di genere, in ambito finanziario scopriamo che l’indicatore Hers (Holistic Equal Representation Score) di Morgan Stanley, creato per comprendere quali aziende puntano sulla parità di genere e guidare così le scelte degli investitori, rivela che indirizzarsi verso una maggiore equità paga anche in termini di performance di borsa. «Le azioni delle aziende che puntano a sostenere la gender diversity tendono a performare meglio sui mercati e a generare rendimenti più elevati» sostengono i ricercatori che hanno condotto lo studio.
Potremmo ricercare altre prove a sostegno del valore della diversità in vari ambiti, ma il risultato apparirà tendenzialmente identico: la diversità di ciascuno si nutre del valore della diversità degli altri. Quando riusciamo ad aprirci al confronto con chi ha caratteristiche o pensieri diversi dai nostri, quando siamo in grado di apprezzare un nuovo punto di vista e un altro modo di essere, ci apriamo alla gioia della scoperta e cresciamo permettendoci di vedere più lontano, valorizzando la profondità e l’unicità di ogni individuo… inclusi noi stessi.
3^C LICEO SCIENZE UMANE