27 febbraio 2023
Dal dibattito alla riflessione sull’esistenza di una guerra giusta
Progetto “Exponi le tue idee!”
3C-LES
Il concetto di “guerra giusta” trova le sue radici in epoca arcaica. Nella Grecia antica, Aristotele aveva cercato di giustificare la guerra da un punto di vista morale, definendola giuridicamente e moralmente giusta in tre casi: nella difesa dei propri confini, per esercitare egemonia sui popoli conquistati e per ridurre in schiavitù i barbari, considerati schiavi per natura. A Roma era lo jus belli a regolare i conflitti, che dovevano essere indetti e poi dichiarati, secondo una precisa procedura giuridica che prevedeva la delibera del Senato e, successivamente, una serie di passaggi formali da parte dei sacerdoti Feziali. Era normale, d’altronde, che due popolazioni non legate da un trattato entrassero in conflitto, approfittando di un qualunque pretesto per attaccare il nemico. La guerra era considerata giusta non per motivi specifici di difesa o liberazione, ma semplicemente perché dichiarata e praticata secondo determinate procedure giuridiche. Anche Cicerone, successivamente, trattò la tematica della guerra giusta (bellum iustum) in diverse opere, riprendendo i concetti di guerra regolarmente annunciata, dichiarata e combattuta per riparare torti subiti.
Il concetto di guerra giusta in senso moderno ha le sue origini nel pensiero cristiano: la teologia morale cristiana stabiliva quando era lecito per un cristiano dichiarare e combattere una guerra. L’argomento attraversò la riflessione filosofica e teologica, da Agostino che elaborò, nel IV sec., la teoria secondo la quale una guerra era da considerare giusta quando rientrasse nei precetti della divina Provvidenza, a Tommaso d’Aquino (VIII sec.), che parlò di guerra giusta se dichiarata da un autorità legittimamente costituita, per una giusta causa e per giusti fini.
In generale, per i teologi e i filosofi cristiani una guerra era giustificabile se intrapresa per motivi di difesa, per punire chi aveva provocato un grave danno, per riparare un torto. I conflitti dovevano inoltre essere sempre combattuti in modo proporzionato e con moderazione.
In età moderna, questa concezione di “guerra giusta” divenne parte integrante del Giusnaturalismo, il movimento filosofico e giuridico che considerava i fondamenti del Diritto dettati dalla natura. Queste teorie contribuirono all’edificazione del Diritto Internazionale, incentrato sull’idea che i diritti umani siano naturali e universali. Quello della guerra giusta resta dunque un problema filosofico di difficile soluzione: la protezione dei diritti umani, infatti, è una giusta causa di guerra, ma la guerra non è un giusto mezzo per far rispettare tali diritti, perché per sua natura è in contrasto con alcuni dei Diritti fondamentali dell’uomo tra cui quello alla vita. Tuttavia, non è possibile ripudiare l’uso della forza in casi estremi, poiché anche la pace deve essere giusta e rispettosa dei Diritti umani, e non può essere infranta da violenze senza che le autorità preposte reagiscano. La pace giusta deve trovare mezzi giusti per mantenersi e non può tollerare ingiustizie e violazioni dei Diritti umani internazionali. Nel 2012 anche il presidente Barack Obama ha fatto ricorso alla dottrina della guerra giusta per giustificare l’attacco preventivo in Siria, dopo l’uso delle armi chimiche da parte di Assad nella notte del 21 agosto: “In quella notte terribile, il mondo ha visto con dettagli raccapriccianti la natura orribile delle armi chimiche e perché la maggior parte dell’umanità le ha dichiarate non
utilizzabili, un crimine contro l’umanità e una violazione delle leggi di guerra”, aveva infatti dichiarato nel discorso alla nazione pronunciato dalla Casa Bianca il 10 settembre 2012. Per Obama, l’attacco con armi chimiche nella guerra civile siriana, oltre a rappresentare una grave violazione dei Diritti umani e delle leggi di guerra, costituiva un potenziale pericolo per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti e dei suoi alleati.